Una delle più importanti scoperte nella storia della biologia, la struttura del DNA, la dobbiamo a Rosalind Franklin che fotografò la doppia elica ma si vide (letteralmente) scippare l’immagine, la scoperta e, naturalmente, il Nobel.
Fu etichettata con poca fantasia Fotografia 51, ma è stata uno spartiacque nella storia della scienza, la nostra finestra nei misteri della vita. A farla fu una ricercatrice inglese che si era faticosamente ritagliata un ruolo nel mondo tutto maschile della scienza sopportando il mobbing al King’s College di Londra (erano gli anni ’40 del secolo scorso) e lavorando con intelligenza e grande tenacia proprio su problema allora centrale: la struttura della lunga molecola del DNA, l’acido Desossiribonucleico che forma il patrimonio genetico di ogni cellula. Fu etichettata con poca fantasia Fotografia 51, ma è stata uno spartiacque nella storia della scienza, la nostra finestra nei misteri della vita. A farla fu una ricercatrice inglese che si era faticosamente ritagliata un ruolo nel mondo tutto maschile della scienza sopportando il mobbing al King’s College di Londra (erano gli anni ’40 del secolo scorso) e lavorando con intelligenza e grande tenacia proprio su problema allora centrale: la struttura della lunga molecola del DNA, l’acido Desossiribonucleico che forma il patrimonio genetico di ogni cellula.
Alla base del passaggio di informazione genetica da una cellula all’altra la molecola del DNA non aveva ancora svelato i suoi misteri: nessuno infatti riusciva a capire come si duplicasse, come si arrotolasse su se stessa, come si dividesse in due parti per trasmigrare nei gameti. C’erano allora numerosi laboratori e grandi scienziati al lavoro sul problema affrontandolo da diverse angolazioni. Al King’s College, dove era Rosalind, si puntava sulla tecnica della fotografia con i raggi X. Ma come era arrivata a quel punto?
Donna e scienziata
La giovane Rosalind Franklin, nata il 25 luglio 1920 a Notting Hill, Londra, ebbe come modello anche il padre, che aveva a sua volta studiato scienze. Paradossalmente, quando la ragazza decise di seguirne le orme dovette scontrarsi proprio con la sua ferma opposizione. Donna di carattere Rosalind andò avanti con le sue gambe, superò gli esami necessari e a diciotto anni fu ammessa all’Università di Cambridge, uno dei centri più prestigiosi del tempo per gli studi scientifici. Per fortuna era nata in una famiglia ricca che le permise di non dover mai affrontare problemi economici. Nel 1941 si laureò in Scienze naturali e grazie al suo entusiasmo e ai buoni riconoscimenti accademici ebbe accesso a una borsa di studio per iniziare il dottorato. La tappa successiva della sua carriera professionale avvenne in Francia. Nel Laboratoire central des services chimiques de l’état, a Parigi, trovò nel 1947 un gruppo di lavoro molto più aperto e meno misogino di quelli conosciuti fino a quel momento. Si occupò della tecnica della diffrazione dei raggi X, della quale sarebbe divenuta una grande esperta. Con le conoscenze e l’esperienza acquisiteFranklin tornò in Inghilterra in veste di rinomata cristallografa. Grazie a una borsa di studio, nel 1951 entrò nell’unità di ricerca in biofisica del King’s college di Londra, dove visse la dolorosa discriminazione di un ambiente profondamente misogino e maschilista, ma dove poté usare le proprie conoscenze di cristallografia per cercare di approfondire un particolare ambito della genetica.
Una fotografia storica
Il direttore del King’s College, Maurice Wilkins aveva infatti indirizzato la ricerca scommettendo nella possibilità di “fotografare” con i raggi X la molecola, ma non apprezzò mai il lavoro della sua collaboratrice. Gli era estranea l’idea che una donna potesse ottenere risultati un un campo dove solo l’intelligenza maschile “poteva naturalmente” emergere. Ma Rosalind non si scoraggiò e contrattaccò. Donna sicura di sé, ribelle ai ruoli subalterni cui veniva destinata, per i colleghi era nientemeno che “la terribile Rosy”. Fu così che dopo un gran numero di tentativi e fallimenti, nella primavera del 1952Rosalind, appena 32enne, insieme al giovane dottorando Raymond Gosling, riuscì a fotografare nitidamente la molecola del DNA utilizzando una esposizione di circa 100 ore. Era la Fotografia 51, l’istantanea che rivelò la forma elicoidale del DNA. Ma non fu una rivincita. La storia di Rosalind non è infatti quella di una foto sensazionale e di un grande successo scientifico, ma quella di un furto di dati e una grandissima ingiustizia.
La foto scippata
Rosalind Elsie Franklin fu infatti privata dei riconoscimenti che le erano dovuti. Si trattò di un furto? Forse allora non la videro così. Il capo del laboratorio si riteneva in potere di utilizzare liberamente i lavori dei suoi sottoposti, tanto più se avevano l’aggravante di essere donne. Sta di fatto che ancor prima che la scienziata potesse mettere mano ai suoi appunti e pubblicare la sua scoperta, la foto fu “presa” e condivisa dal direttore Maurice Wilkins con altri scienziati (maschi) che lavoravano in un laboratorio “concorrente” a Cambridge: James Watson e Francis Crick, passati alla storia come gli “scopritori” della struttura del DNA!
Nobel alla disonestà
Ingannata e delusa, dopo la pubblicazione dei risultati di Watson e Crick (e Wilkins!) nell’articolo del 1953 che valse loro il Nobel per la medicina, Rosalind Franklin abbandonò il King’s college, ma non il lavoro di ricerca. Si trasferì nel Brickbeck college concentrando i suoi sforzi nell’ambito della virologia, dove pure apportò dei contributi decisivi agli studi sulla struttura molecolare di virus come quello del mosaico del tabacco o della polio. Forse a causa della sovraesposizione alle radiazioni con le quali aveva lavorato per tutta la vita, nel 1956 le fu diagnosticato un tumore alle ovaie. Morì il 16 aprile 1958 a soli 34 anni. Ma neppure dopo la morte il suo grande apporto fu riconosciuto. Nel 1962 (quattro anni la morte di Rosalind) con lo stesso Maurice Wilkins Watson e Crick vinsero il Nobel,ma sia nel loro discorso di ringraziamento sia in tutte le loro pubblicazioni successive non nominarono, ringraziarono o citarono mai Rosalind. Solo nel 1968 Watson parlerà di lei nel suo libro “La doppia elica”: ma solo per denigrarla con toni insultanti e umilianti, mai ritrattati.
Nicoletta Salvatori